Ho ascoltato il discorso di Greta Thumberg a Glasgow e posso confermare che le analisi dei giovani sono corrette e la loro frustrazione è giustificata.
Poco meno di quarant’anni fa sul tetto della scuola tecnica di Trevano è stato istallato il primo impianto fotovoltaico in Europa, connesso alla rete elettrica. Il Ticino, per l’alto soleggiamento, era il luogo predestinato per diventare il polo svizzero di sviluppo di queste tecnologie. Eravamo i primi al mondo e avrebbero potuto nascere molte aziende all’avanguardia con posti di lavoro ben retribuiti. In questi anni, non è mancato neanche l’appoggio da parte della popolazione e della politica. A livello comunale, cantonale e federale sono stati messi a disposizione importanti fondi per lo sviluppo delle energie alternative, per la ricerca e la formazione. I costi degli impianti solari e di altre tecnologie hanno continuato a scendere. Il Ticino, in questi decenni, avrebbe potuto facilmente completare la transizione energetica e tutti noi avremmo potuto oggi trarne enormi benefici. Invece, i nostri tetti sono tristemente privi di pannelli solari. Poco o nulla anche su quelli piani di recente costruzione, come il nuovo campus dell’Università a Lugano.
Tanti si saranno chiesti cosa non ha funzionato. La risposta ce la danno i giovani che manifestano per il clima, “loopholes”, in italiano “scappatoie”. Per sfruttare il solare si sarebbe dovuto passare a un sistema di produzione di energia decentralizzato. Quello attuale, centralizzato, con grandi centrali idroelettriche, nucleari e a carbone, non è più in grado di garantire il futuro dell’approvvigionamento energetico, in più genera grandi sprechi ed è molto costoso. Cambiarlo avrebbe però tolto potere al ristretto numero di persone che lo controlla e ne beneficia largamente. Così, mentre erano approvati gli incentivi per le energie rinnovabili, venivano anche inserite scappatoie per mantenere lo status quo e fare confluire i soldi al sistema centralizzato. Solo in Ticino abbiamo visto centinaia di milioni di investimenti, destinati alla transizione energetica, finire in progetti centralizzati fallimentari, fra cui la ben nota centrale a carbone di Lünen.
Il sistema non è mai cambiato e i giovani giustamente lamentano di trovarsi a discutere con persone radicali, che pubblicamente dicono di essere ambientalisti, ma che si oppongono in tutti i modi a qualsiasi miglioramento. Personaggi senza visione, simili ai camorristi, che obbligavano la gente a sotterrare nei loro campi le scorie chimiche, senza pensare che di lì a qualche anno avrebbero visto i loro figli, nipoti e parenti ammalarsi e morire di cancro. I giovani ci vedono giusto. Il nostro benessere, frutto degli sforzi e sacrifici di molte generazioni, è messo a rischio da estremisti irragionevoli che parlano bene, ma che continuano, dietro le quinte, a sabotare ogni sforzo fatto per salvaguardare la nostra prosperità.