“La forza del non dovere avere ragione” è il titolo di un breve capitolo del libro “Mind Set” di J. Naisbitt che rileggo sempre volentieri. Si cita il cambiamento di Albert Einstein da studente irriverente a ricercatore umile che chiedeva a un suo collega di verificare se le sue teorie fossero qualcosa di più di “irrilevanti balbettii”. Quando si assumono i ruoli di genitore, docente, capo, marito e moglie è facile scivolare nel dovere avere ragione. In politica poi l’avere ragione è istituzionalizzato, quante volte succede che un partito accolga positivamente una proposta di altri?
Invece di dedicare le energie per cercare le migliori soluzioni, ci si ritrova a sprecarle per dimostrare il torto dell’altra parte. È solo liberandoci da questo forte condizionamento culturale che si riesce a imparare e ad approfondire le cose. Naisbitt paragona “la forza del non dovere avere ragione” al camminare in campi aperti con la libertà di vedere da ogni parte e di muoversi in ogni direzione.
La vita è una successione infinta di condizionamenti, perciò gli esiti delle nostre azioni sono migliori o peggiori e quasi mai uguali agli obiettivi fissati. Concentrati però sul raggiungimento del nostro volere, giudichiamo qualsiasi risultato diverso come negativo, anche se è stato migliore. Invece di felicitarci ci si sente insoddisfatti e a volte può capitare di rimanere per anni stupidamente “fermi sul bordo del fiume ad aspettare il cadavere di un nemico” inesistente.
Domenico Zucchetti, Massagno